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Il sonno di Carlo Magno


Entro il cavo d’un monte ermo e lontano,
in mezzo a un bosco pauroso e folto.
in magico sopor giace sepolto
Re Carlo Magno, imperator romano.

Ampia è la grotta: con bizzarro sfarzo
di qua, di là, s’ammassano i graniti,
pendono sino al suol le stalattiti.
luccica intorno alle pareti il quarzo.

Siede a una mensa di zaffiro il veglio
di strenua beltà, d’erculee forme;
appoggia ad una man la fronte e dorme,
e aspetta l’ora del fatal risveglio.

Appoggia ad una man la fronte stanca,
e aspetta ch’abbia il suo letargo fine;
giù per le spalle gli discorre il crine,
gli casca sino ai pie la barba bianca.

Sopra il suo capo s’accavalla il monte,
vaneggia intorno a lui la gran caverna ;
fuma nell’aer cheto una lucerna
e il fulvo raggio gli balena in fronte.

A lui da canto, sulla bruna terra,
splende come una luna il tondo scudo,
manda lampi sanguigni il brando ignudo,
che fu sì noto e sì temuto in guerra.

Rombo di vento, o fischio di zampogna.
non può passar del monte la parete;
Nella profonda attonita quiete
dorme Re Carlo, il sir pregiato, e sogna.

Sogna il tempo che fu, sogna la valle
ampia del Reno e l’inclita Aquisgrana,
sogna la gente rea maomettana,
sogna Orlando morente in Roncisvalle;

L’Alpi varcate e l’acclamante Roma,
l’ambito onor del rinnovato impero,
la nominanza del regal guerriero.
gli allori cinti sulla giovin chioma.

Sogna re Carlo, il franco imperatore,
e un’amara stanchezza, un orror muto,
un rimorso d’aver tanto vissuto,
L’anima gli urge, gli avviluppa il core.

Sogna, e la mente stanca e sbigottita
gli si dipinge sulla fronte prona,
e la sua voce in un lamento suona:
“Signore Iddio, mi scampi dalla vita!”

(Arturo Graf)