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Auguri… e riflessioni

-4 al giro di boa. Eh, si. Oggi questa ragazzina qui (si fa per dire…) compie 46 anni.

Dando per scontato che il giro di boa sia a metà del percorso,  presumo (o spero) che camperò  fino a cent’anni. Ma se i cinquanta che  mancano non saranno come me li aspetto? Se non avrò più la salute, la pazienza, la voglia o le forze per fare tutto quello che ancora vorrei?
Per esempio,  ho sempre amato viaggiare. Non nel lusso, anzi quello mi imbarazza (io che viaggio in jeans e scarpe da ginnastica ormai da 46 anni, non saprei neanche come vestirmi o come comportari in un ambiente che fosse troppo elegante, mi sentirei fuori posto), ma proprio per la voglia di vedere posti nuovi. Probabilmente è un’eredità genetica che mi ha trasmesso il babbo, che col camper (costruito da lui stesso, arredando un vecchio furgone) ci ha portato in giro per l’Italia e un po’ d’Europa fin da quando ero bambina. Purtroppo lui è morto molto giovane, aveva appena 57 anni, e la sua terza età, l’età d’argento, non ha potuto godersela. Proprio sul più bello, quando mia sorella ed io oramai eravamo grandi e sistemate, quando avrebbe potuto prendere mia mamma e “vivere” con lei una seconda vita, non ha potuto.

Siamo molto simili Maurizio ed io, ci troviamo d’accordo su ogni aspetto della vita, abbiamo gli stessi valori, gli stessi ritmi. Siamo insomma le due metà della mela (a pensarci bene io sembro più…i 3/4 😉 ). Ma su questo argomento proprio non riusciamo e trovare un punto di contatto.
Questa è forse l’unica cosa per la quale ogni tanto io e lui discutiamo, poi ognuno riprende le proprie idee e le rimette a posto,tanto non se ne viene a capo…

Lui è molto “formichina”, nel senso che ha bisogno di una sicurezza oggi, per poter pianificare il domani. Ci siamo sempre fatti il mazzo, fin da giovani, cercando di mettere da parte quello che potevamo, per avere delle buone basi per il futuro. E i fatti stanno dando ragione a lui, visto anche il momento di crisi che tutti stiamo vivendo in questo periodo. I nostri sforzi, le nostre rinunce e fatiche, sono serviti per darci una certa tranquillità, e pur non avendo da scialare, non ci manca niente del necessario. Ma se adesso che i ragazzi sono abbastanza grandi e che potremmo cominciare ad allentare la pressione qualcosa andasse storto? A che sarebbe servito?
Anche mio padre era un gran lavoratore, faceva il metalmeccanico e stava in piedi alla fresa anche 10-11 ore al giorno. Tutto quello che gli premeva era la famiglia. A 57 anni, un tumore se lo è portato via in sei mesi.
E qui io mi dico, più in generale: a che cosa serve darsi tanto da fare per programmare una vecchiaia serena, se non si sa cosa ci riserva il futuro? Lavorare come muli per una vita, e non arrivare al momento di riscuotere il frutto di tanto sacrificio? E’ un po’ come masticare e non inghiottire, no?!?!?

Io penso: al momento in cui finalmente potremo goderci il frutto dei nostri sacrifici, avremo la forza e la salute per farlo?
Maurizio pensa: al momento in cui avremo la forza e la salute per goderci la vita, avremo i soldi per farlo, se non abbiamo fatto prima dei sacrifici?

Beh, dopo questo allegrissimo post di compleanno, vi lascio con questo dubbio amletico: meglio un uovo oggi o una gallina domani?
Io intanto vado a “festeggiare” (al colloquio con la prof. di francese di Gabry…)

Quattro chiacchiere

“Mostri di mammà”

Mentre aspettavo il mio turno dal medico, mi è capitata sotto mano una copia di Panorama, nella quale c’era un articolo molto interessante. Si parlava di violenza minorile, e di quali reazioni susciti in un genitore la scoperta di avere un figlio delinquente.
Sempre più spesso infatti episodi di violenza inaudita sono commessi  da ragazzi adolescenti, e sempre più spesso, purtroppo, a causa di futili motivi. Non è raro che si venga aggrediti per aver negato una sigaretta, o per diverbi riguardo la circolazione stradale. A volte hanno delle reazioni srpoporzionate all’eventuale offesa ricevuta. Frequentemente  la motivazione è “mi annoiavo” oppure ” sono stato trascinato dagli altri”.
L’articolo riportava vari casi di cronaca recente e quello che stupiva, e che stupisce anche me, è la reazione dei genitori dei ragazzi colpevoli di questi eventi. Mi sono chiesta che reazione avrei se capitasse a me… se capitasse a me, mi cadrebbe il mondo addosso, mi sentirei un fallimento di madre, mi farei un miliardo di domande: come ho fatto a non accorgermi che è cambiato? Che non è più il bravo ragazzo che conoscevo?  Che cosa abbiamo sbagliato nella sua educazione? In cosa abbiamo fallito, nel dialogo, nell’esempio, nell’imporgli regole o nel non averne imposte abbastanza? Nel non avergli insegnato ad incanalare  la rabbia nella giusta direzione, per  non sfogarla facendo del male agli altri? Insomma, prima di tutto riterrei la responsabilità di noi genitori . In seconda battuta la responsabilità ovviamente la darei anche a lui, per non aver saputo recepire gli insegnamenti del vivere civile che abbiamo cercato di trasmettergli. Per non aver imparato a ragionare con la sua testa e non farsi trascinare dagli altri o dallo svolgersi degli eventi. Per non aver imparato la differenza fra bene e male, per non aver imparato a fermarsi in tempo. Per non aver imparato il rispetto degli altri e di se stesso.
Ma gli unici che non hanno colpe sono le vittime. Anche se hanno provocato, anche se hanno iniziato. Bisogna essere capaci di non trascendere, di fermarsi prima del danno.
La maggior parte dei genitori dei colpevoli, invece, ha la strana tendenza a difendere i propri figli, dicendo che sono stati provocati, che sono stati trascinati dal gruppo, che ci si soo trovati in mezzo. I loro figli sono dei bravi ragazzi, aiutano nella ditta di famiglia, studiano, sono religiosi.  Non conoscono quel ragazzo che ha picchiato brutalmente due carabinieri, o quello che va ai rave party e dopo forza un posto di blocco, non è il loro figlio quello che massacra un suo coetaneo perché è gay, o perché ha guardato la sua ragazza, o perché ha fatto una battuta sgradita. Non sanno chi sia, no, quel ragazzo non può essere loro figlio, ma come, è così un bravo ragazzo…Danno la colpa alla società, alla situazione, alla scuola, alla strada, agli amici, insomma a chiunque, pur di scaricare la colpa su altri. Quasi che le vere vittime fossero i loro figli colpevoli. Quasi che sulla strada coperti da un lenzuolo ci fossero i loro amati pargoli.  Quando ragazzi, sopratutto minorenni, compiono di questi gesti sconsiderati, non uccidono o violentano solo la vittima, uccidono e violentano famiglie intere, rovinate per sempre da un lutto, o dal rimorso per averlo provocato.

Genitori, fatevi un esame di coscienza, e  non difendeteli. Perché ognuno deve saper dire : “Ora basta. Io non ci sto più. Me ne vado via.”

Poesie, frasi celebri, racconti

Discernimento

 

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Chi conosce gli altri è saggio, chi conosce sé stesso è illuminato.
Chi domina gli altri è forte, chi domina sé stesso è superiore.
Chi sa accontentarsi è ricco, chi agisce fermamente ottiene tutto ciò che vuole.
Chi non dimentica i suoi principi vive a lungo,
chi muore senza essere dimenticato vive per sempre.

(Lao Zi, “Tao Te Ching”, Capitolo 33, “La virtù del discernimento”)

Charlie, ovvero: come complicarsi la vita

2. La scoperta (aaargghhh!!!)

 

L’idea era che il cane in questione appartenesse a qualcuno che lo amava e lo cercava disperatamente.

Con questa speranza l’ho portato a casa, l’ho nutrito, l’ho fatto sistemare su una comoda e soffice coperta vicino alla cuccia della mia Luna. Luna, l’altra canina che avevo (purtroppo è morta due anni fa),  trovatella anche lei, era una signorina ammodo e non ha fatto storie nel dare ospitalità ad un povero viandante di passaggio (di passaggio si fa per dire…). Il povero viandante, satollo e stremato da due giorni di randagismo totale, si è spaparanzato e se l’è dormita come un ghiro tutta la mattina.

Nel pomeriggio lo carico in macchina e lo porto dal veterinario, alla disperata ricerca di un benedetto tatuaggio nascosto o di un microchip che ci facesse capire a chi lo dovevo riportare. Niente. Niente da fare. Niente di niente.

Faccio foto al cane, volantini, denuncia di ritrovamento. I vigili mi chiedono se volevo lasciarlo al canile. MAI E POI MAI, dico io, lo tengo finché non si trova il proprietario. Poi vedremo che fare. Sapete quando uno si tira la zappa sui piedi da solo? Ecco.

Fatto sta che il proprietario aveva pensato bene di perderlo apposta, perché non abbiamo mai saputo chi fosse. Probabilmente un cacciatore che vista l’indole da fuggitivo del soggetto in questione, ha pensato bene che fosse più comodo lasciarlo che perdere le giornate a ricercarlo.

Quindi adesso eravamo legati mani e piedi ad un peloso ribelle a quattro zampe di circa otto mesi, dall’animo cucciolo e l’istinto ringhioso di un cane adulto.

Il seguito alle prossime puntate…..

Charlie, ovvero: come complicarsi la vita

1. L’incontro

Era il 4 novembre 2005, anniversario dell’alluvione di Firenze,  già di per sé giorno carico di ricordi funesti e presagio di altrettante sciagure…

L’incontro fra me e Charlie è stato un vero e proprio colpo di fulmine.
Ci siamo scelti  fino dal primo istante che ci siamo visti (più che altro LUI ha scelto me, io l’ho solo assecondato 🙂 )

Come tutte le mattine, prima di andare a lavorare mi fermai in Piazza, dove Maurizio ha la macelleria, per andare con lui a prendere il caffè nel bar vicino. Parcheggiai  sull’altro lato della piazza (non è molto grande, giusto una trentina di metri da parte a parte) e scesi di macchina. Vidi  Maurizio sulla porta di bottega, che parlava con due suoi amici, vestiti in tenuta da caccia. Vicino a loro, si aggirava un piccolo segugio color caffellatte, con una striscia bianca sul muso, e le puntine delle zampe bianche. Mi fermai ad osservarlo, e lui osservò me. Improvvisamente attraversò la piazza e scodinzolando venne a salutarmi. Mi avvicinai a Maurizio e chiesi  se quel cane fosse di uno dei due cacciatori. Mi risposero  di no, che non sapevano di chi era, e che stava  gironzolando per il paese da un paio di giorni.

Aveva un collare rosso, senza medaglietta. Dissi:  “Di sicuro è di qualche cacciatore, si sarà allontanato e si è perso.” E poi subito dopo: “Non posso certo lasciarlo qui, magari qualcuno lo investe. Lo porto a casa e vado a lavorare, poi oggi pomeriggio andiamo dal veterinario e scopriamo di chi è.” Questa fu la mia ultima frase da donna libera. Capirete perché…

Risultato: il caffè non lo presi, a lavorare arrivai alle 11 e la mia vita da quel momento si è assai complicata…

Charlie