Charlie, ovvero: come complicarsi la vita

2. La scoperta (aaargghhh!!!)

 

L’idea era che il cane in questione appartenesse a qualcuno che lo amava e lo cercava disperatamente.

Con questa speranza l’ho portato a casa, l’ho nutrito, l’ho fatto sistemare su una comoda e soffice coperta vicino alla cuccia della mia Luna. Luna, l’altra canina che avevo (purtroppo è morta due anni fa),  trovatella anche lei, era una signorina ammodo e non ha fatto storie nel dare ospitalità ad un povero viandante di passaggio (di passaggio si fa per dire…). Il povero viandante, satollo e stremato da due giorni di randagismo totale, si è spaparanzato e se l’è dormita come un ghiro tutta la mattina.

Nel pomeriggio lo carico in macchina e lo porto dal veterinario, alla disperata ricerca di un benedetto tatuaggio nascosto o di un microchip che ci facesse capire a chi lo dovevo riportare. Niente. Niente da fare. Niente di niente.

Faccio foto al cane, volantini, denuncia di ritrovamento. I vigili mi chiedono se volevo lasciarlo al canile. MAI E POI MAI, dico io, lo tengo finché non si trova il proprietario. Poi vedremo che fare. Sapete quando uno si tira la zappa sui piedi da solo? Ecco.

Fatto sta che il proprietario aveva pensato bene di perderlo apposta, perché non abbiamo mai saputo chi fosse. Probabilmente un cacciatore che vista l’indole da fuggitivo del soggetto in questione, ha pensato bene che fosse più comodo lasciarlo che perdere le giornate a ricercarlo.

Quindi adesso eravamo legati mani e piedi ad un peloso ribelle a quattro zampe di circa otto mesi, dall’animo cucciolo e l’istinto ringhioso di un cane adulto.

Il seguito alle prossime puntate…..

Charlie, ovvero: come complicarsi la vita

1. L’incontro

Era il 4 novembre 2005, anniversario dell’alluvione di Firenze,  già di per sé giorno carico di ricordi funesti e presagio di altrettante sciagure…

L’incontro fra me e Charlie è stato un vero e proprio colpo di fulmine.
Ci siamo scelti  fino dal primo istante che ci siamo visti (più che altro LUI ha scelto me, io l’ho solo assecondato 🙂 )

Come tutte le mattine, prima di andare a lavorare mi fermai in Piazza, dove Maurizio ha la macelleria, per andare con lui a prendere il caffè nel bar vicino. Parcheggiai  sull’altro lato della piazza (non è molto grande, giusto una trentina di metri da parte a parte) e scesi di macchina. Vidi  Maurizio sulla porta di bottega, che parlava con due suoi amici, vestiti in tenuta da caccia. Vicino a loro, si aggirava un piccolo segugio color caffellatte, con una striscia bianca sul muso, e le puntine delle zampe bianche. Mi fermai ad osservarlo, e lui osservò me. Improvvisamente attraversò la piazza e scodinzolando venne a salutarmi. Mi avvicinai a Maurizio e chiesi  se quel cane fosse di uno dei due cacciatori. Mi risposero  di no, che non sapevano di chi era, e che stava  gironzolando per il paese da un paio di giorni.

Aveva un collare rosso, senza medaglietta. Dissi:  “Di sicuro è di qualche cacciatore, si sarà allontanato e si è perso.” E poi subito dopo: “Non posso certo lasciarlo qui, magari qualcuno lo investe. Lo porto a casa e vado a lavorare, poi oggi pomeriggio andiamo dal veterinario e scopriamo di chi è.” Questa fu la mia ultima frase da donna libera. Capirete perché…

Risultato: il caffè non lo presi, a lavorare arrivai alle 11 e la mia vita da quel momento si è assai complicata…

Charlie

Saluti e auguri

La mamma NON è sempre la mamma

In genere sono dell’idea che i modi di dire, i proverbi e quant’altro, siano basati sempre su un fondo di verità. E mi piace usarli, perché spesso riescono ad esprimere bene un concetto, a fare un paragone, una similitudine. Uno dei pochi che non riesco proprio a digerire è quello che cita: “La mamma è sempre la mamma” Che significa? Ci sono mamme che abbandonano i figli appena nati, che li picchiano, che li maltrattano fisicamente e psicologicamente. Che non li curano, che li mandano a mendicare pochi spiccioli.
E solo per il fatto che sono le loro mamme, automaticamente sono giustificate? No, io proprio non la mando giù.  A volte l’istinto materno di alcuni animali è superiore a quello di alcune madri.
Essere mamma significa molto, molto di più. Vuol dire innanzitutto AMARE il proprio figlio, curarlo, sostenerlo nei momenti di difficoltà. Significa accompagnarlo nelle scelte difficili, lasciarlo libero realizzare i propri sogni anziché i nostri. Significa ESSERCI quando lui ha bisogno di sentirci vicino, e non esserci quando lui ha bisogno di libertà. Significa lasciarlo sbagliare, e poi curargli le ferite, sperando che non siano troppo profonde e che guariscano in fretta, lasciando solo una piccola cicatrice che servirà a ricordargli in futuro l’errore commesso. Essere mamma significa tutto questo e molto di più, ecco perché è troppo semplice pensare che il solo fatto di dare la vita ci affranchi da tutto il resto.
In questa giornata un discorso così può sembrare fuori luogo, ma è proprio questo il giorno che secondo me è più indicato.
Un augurio a tutte le mamme che sono degne di questo nome, perché “la mamma NON E’ sempre la mamma”

MyFreeCopyright.com Registered & Protected