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Il tempo sospeso

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Manco da un po’.  Pochi  giorni dopo il mio ultimo post, ha iniziato a circolare la voce che il virus era arrivato anche in Italia. Devo dire che il mio pensiero è stato molto concentrato su quello, alternando speranza e paura, voglia di sapere e preoccupazione. Ho passato giorni fra TV e Facebook facendo indigestione di notizie vere e false. Mi sono angosciata con le immagini e le notizie dei contagi e dei decessi, mi sono sollevata con le battute e i meme sulla quarantena, mi sono commossa con i video delle persone che cantavano di balconi e con le immagini di umanità verso il prossimo e di patriottismo e preoccupata per le conseguenze economiche per le famiglie e per il Paese. Alla fine ho capito che dovevo rallentare perché tutta questa giostra di emozioni contrastanti mi creava uno stato d’ansia che non riuscivo a superare. Allora ho deciso di seguire solo telegiornale e qualche approfondimento per le notizie ufficiali e di cercare di mettere  a frutto le giornate. Intanto ho iniziato a dare un senso alla casa e, anche se per arrivare a fine lavoro la quarantena dovrebbe durare almeno un paio d’anni, piano piano qualcosa sta migliorando. Ho anche approfittato per creare qualcosa. Ho realizzato una coccarda di nascita per la figlia di una mia amica che nascerà i primi di maggio. Poi ho approfittato per portare avanti un lavoro che avevo iniziato per il mio nipotino Leonardo, un quiet book da sfogliare nei momenti di noia. Per chi non lo sa il quiet book è un libro sensoriale montessoriano con il quale i bambini possono sviluppare delle competenze relative alla loro fascia d’età per acquisire autonomia nelle operazioni della vita quotidiana. Ho seguito vari tutorial su YouTube di una bravissima creativa che oltre a creare delle bellissime pagine per questi quiet book spiega esattamente anche tutti i materiali e i procedimenti per realizzarle. Il suo nome è Svyatlana Balybina, cliccando QUI potete trovarla su YouTube. Quando l’avrò finito vi farò vedere il lavoro.

E voi? State tutti bene? Come state vivendo la quarantena?

 

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Se non lo avete ancora capito…

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…entro il 31 Gennaio va pagato il canone della Rai.  No, ve lo dico perché è probabile  che da qualche parte in un paesino sperduto ci sia qualcuno che il televisore lo usa come acquario e ci fa nuotare i pesciolini. E ovviamente, non potendolo accendere, non avrà visto ad ogni edizione di ogni telegiornale di ogni giornata a partire da capodanno, l’appello di come, dove e quando si può pagare. Insomma paghiamolo e facciamola finita, che non se ne può più. E menomale che almeno ora lo chiamano col suo nome: tassa. Perché essere presi per i fondelli con la storia dell’abbonamento era davvero troppo.

Un appello però lo faccio io ai signori della Rai: con questi chiari di luna la gente le tasse le paga l’ultimo giorno, quindi non vi stupite se non abbiamo ancora assolto l’obbligo e fateci il piacere, risparmiate tempo e soldi (che tanto li tiriamo fuori noi) per la propaganda, e aspettate almeno il 31.

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Ironia fiorentina

Si sa che i fiorentini hanno sempre la battuta pronta, e che sui bandoni dei negozi ogni tanto “fioriscono” cartelli a dir poco esilaranti, tipo quello che fu affisso dopo l’alluvione del ’66 che diceva “Chiuso per nervoso”.

L’altra settimana, dopo l’ordinanza del sindaco Matteo Renzi che dava la facoltà agli esercenti di stare aperti il primo maggio con orario a scelta entro la fascia oraria  7 – 23, ecco cosa è comparso sulla vetrina di un negozio della centralissima Via Porta Rossa… 😀

 

* Foto dal Web (Facebook)

 

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“Caro” capitano…

“Caro” capitano,

ma le ha insegnato la mamma che il vero valore delle persone si vede da come si affrontano le proprie responsabilità?
E sa che le bugie hanno le gambe corte? Beh, dirà Lei, almeno loro non si bagnano i calzini…

Si sono bagnate ben più dei calzini, caro capitano, le undici persone che sono state estratte morte dalla sua nave, e quelle che ancora sono là dentro. Là dentro per colpa Sua, capitano, perché dare le giuste proporzioni al problema che si era verificato significava già ammettere di aver fatto una stronzata. No, meglio dire che si trattava di un guasto elettrico, così poi si rimedia e nessuno si accorge di nulla.
Già nessuno si accorge di nulla… e nel frattempo che la nave imbarca acqua andiamo vicino agli scogli, tanto per non affondare in acque profonde, così la gente si salva…questa è stata l’unica manovra decente di tutta quella nottata, ma non basta a cancellare il resto. La gente si sarebbe salvata davvero tutta, se lei avesse fatto le cose come dovrebbe fare una persona responsabile. Lei sa cosa significa quella parola, vero? Lei era responsabile della vita di oltre 4000 persone, ma ha deciso di  passare così vicino alla costa da poterla quasi toccare,  salutare gli abitanti a terra, accendere tutte le luci, fare il fischio di saluto, fare “l’inchino”. Beh, l’inchino Le è riuscito bene davvero, capitano, solo che la Sua nave non si è potuta più rialzare. Se questa è stata una Sua idea o se la compagnia l’ha autorizzata, questo lo vedremo. Ma la cosa ancora più grave (se non fosse già grave avere affondato una nave) è stato quello cha ha fatto dopo. Perché la Concordia ci ha messo quasi due ore per adagiarsi sul fianco come un animale morente. Se se in quelle quasi due ore di attesa Lei fosse rimasto, se Lei avesse dato il giusto peso al problema, se  avesse lanciato il Mayday al momento giusto, se non avesse mentito alla Guardia Costiera, se avesse coordinato e velocizzato le operazioni di abbandono nave prima che questa fosse così inclinata, tutti potevano salvarsi lo stesso.  Se avesse fatto sparare dei bengala per illuminare il buio, avrebbero visto quanto vicini erano gli scogli, che si poteva quasi raggiungerli a nuoto. Se invece di rimandare la gente in cabina in attesa di istruzioni l’ avesse fatta preparare, nessuno sarebbe rimasto là sotto.
No, no, meglio lasciare la nave e i passeggeri al loro destino, meglio coordinare le operazioni da una sicura scialuppa, meglio, molto meglio.

Per affrontare le conseguenze dei proprio errori  ci vogliono carattere, onestà verso gli altri ma anche verso se stessi, coraggio, ma soprattutto responsabilità e coscienza. Quello che tutti si sarebbero aspettati da Lei. Ma Lei ce l’ha, comandante? O anche quelle le sono “cadute” mentre Lei e i suoi ufficiali siete “scivolati” sulla scialuppa?

Ho sentito dire a volte che quando una persona è accusata da tutti, viene voglia quasi di difenderla. Beh, a me no di sicuro. Quando uno oltre che incosciente è anche vigliacco, quando oltre che colpevole è anche bugiardo, mi dispiace ma non lo assolvo. E nemmeno dovrebbe assolverLa  la giustizia, Capitano, dovrebbe farLa stare in galera anziché agli arresti domiciliari  casa Sua.
E soprattutto non dovrebbe assolverLa la Sua coscienza, se gliene è rimasta un po’.
A meno che anche quella non sia volata fuoribordo.

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Le lacrime del ministro

Durante la conferenza stampa per illustrare la riforma pensionistica, il ministro del Welfare Elsa Fornero non è riuscita a pronunciare la parola “sacrificio”; si è interrotta a metà della frase cercando (invano) di trattenere le lacrime.
Sapete che non parlo mai  di politica, e non lo faccio neanche oggi, ma vorrei dire la mia sull’aspetto umano della cosa.
Ho sentito persone indignate, scandalizzate da questo fatto. Ma come, con i soldi che prendono, come si permette di piangere chiedendo sacrifici a noi? Ma una donna con una così alta carica, ma che figura ci fa l’Italia nei confronti degli altri Paesi? Sì, ma dài, sono lacrime finte, tanto per addolcire la pillola.
Può darsi, ma a me, a pelle, è sembrata sincera. Io non sono per niente scandalizzata, anzi. Avere un ministro che si commuove pensando a cosa ci stanno chiedendo mi sembra un’ottima cosa. Se poi sia stato lo stress o l’argomento che si stava trattando non è dato sapere. Ma mi piace pensare che sia la seconda di queste opzioni. Che almeno quando ci mettono le mani in tasca non lo facciano tanto a cuor leggero.

Ci hanno abituato ad avere ministri e politicanti  (dal dizionario Sabatini Coletti: politicante [po-li-ti-càn-te] s.m. e f. • Con valore spreg., chi si occupa di politica pur avendo scarse capacità e attitudini, esclusivamente per trarne vantaggi personali) con almeno un metro di pelo sullo stomaco, gente che col pelo dello stomaco ci si faceva i dreds, le trecce, lo chignon. Eravamo abituati agli scherzetti e alle battutine, alle barzellette.

Come possiamo ora, tutto ad un tratto,  avere a che fare con una che piange? Che mostra la sua debolezza in pubblico?

E menomale dico io, le persone così sono più trasparenti, più umane. C’è ancora speranza di un mondo migliore.
Evviva le lacrime , quelle vere, se sgorgano dal cuore.