Country e Decorative Painting

Per una bimba impaziente

Chissà perché da un po’ di tempo a questa parte i neonati vengono al mondo sempre in anticipo… e proprio per questo motivo, quando una mia conoscente mi ha commissionato un pensierino da portare ad una mamma che partoriva a fine gennaio, ho iniziato subito a darmi da fare.
Doveva essere proprio un pensierino per quando sarebbero andati a vedere la bimba, perché il regalo vero l’avevano già portato alla futura mamma in un’altra occasione.

Come volevasi dimostrare la bimba è nata l’altra notte,  e per fortuna, memore di esperienze precedenti,  io ero già pronta.

Benvenuta Rebecca!

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Fidarsi è bene, ma non fidarsi…

“Bruno – Sai, Franchina, in India c’è un macchinario che ha un’apertura davanti e una dietro. Se ci metti dentro un maiale, la macchina si mette in moto, e dall’altro lato escono già pronti: salami, prosciutti, mortadelle… ma non è tutto;  se per caso qualche salume non viene bene, rimetti tutto dentro la macchina e torna fuori di nuovo il maiale!
Franca – Vivo?!??!!?”

Bruno era uno zio di mia mamma, lavorava come progettista di gasdotti per la Nuovo Pignone e faceva spesso lunghi viaggi di lavoro. Quando tornava da questi viaggi, si divertiva ad inventare di queste fandonie per raggirare mia mamma, che, seppure già quasi adulta, ascoltava con gli occhi sgranati e abboccava come una carpa.

Questo mi è venuto in mente stamattina dopo aver scoperto di avere bellamente abboccato a questa bufala arrivatami via sms:

Giralo per favore bimbo di 17 mesi necessita sangue gruppo b positivo x leucemia fulminante 3282694447 RICCARDO CAPRICCIOLI, fai girare l’sms x favore è urgente……..mi fido di te inviala a tt i tuoi numeri è importantissimo….questo sms proviene da Santa Maria Nuova.. 

Non ho pensato di cercare notizie in internet o conferma a quel numero. Visto che si trattava di un ospedale di Firenze (non mi ha fatto scattare niente il fatto che non fosse l’ospedale Meyer dove vengono ricoverati esclusivamente i bambini), ho creduto fosse vero. Ingenuità? Dabbenaggine? O fiducia?

Quello che mi ha indotto a credere a questo sms è stato principalmente il fatto che mi arrivasse da una persona che conosco e che fa parte di un gruppo di aiuto e di sostegno alle famiglie con bambini disabili (avendone uno anche lei) e/o  con malattie gravi.
Questo aspetto della cosa mi ha incuriosito. Spesso riponiamo la nostra fiducia non nella persona specifica, ma in base alla carica  che ricopre o al ruolo  che svolge all’interno della società. E quando quella persona si rivela superficiale, o addirittura (sicuramente non in questo caso) in malafede, ci rimaniamo male. E siamo delusi  non tanto per come si è rivelata quella persona, ma piuttosto per come siamo stati allocchi a riporre in lei la nostra fiducia. E anche per il fatto che dandole fiducia abbiamo a nostra volta deluso altre persone. Così la volta successiva ci guardiamo bene dal rifarlo (se siamo furbi) e come succede quando si grida  “al lupo, al lupo!” va a finire che paga il giusto per il peccatore e se càpita che qualcuno abbia bisogno davvero, rischia di rimanere inascoltato.

Ho passato il quarto d’ora successivo a mandare sms di smentita e di scuse alle persone (poche per fortuna) alle quali avevo inviato il primo sms, ho foraggiato la compagnia telefonica e chissà chi altro con parte del mio credito telefonico, ed ho fatto pure una gran figura da pirla.

Alla luce di questa esperienza sono lieta di comunicare a chi ancora non ci credesse: fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio!
Spezziamo le catene di Sant’Antonio, ma magari dopo aver controllato che l’aiuto non serva davvero.

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“Caro” capitano…

“Caro” capitano,

ma le ha insegnato la mamma che il vero valore delle persone si vede da come si affrontano le proprie responsabilità?
E sa che le bugie hanno le gambe corte? Beh, dirà Lei, almeno loro non si bagnano i calzini…

Si sono bagnate ben più dei calzini, caro capitano, le undici persone che sono state estratte morte dalla sua nave, e quelle che ancora sono là dentro. Là dentro per colpa Sua, capitano, perché dare le giuste proporzioni al problema che si era verificato significava già ammettere di aver fatto una stronzata. No, meglio dire che si trattava di un guasto elettrico, così poi si rimedia e nessuno si accorge di nulla.
Già nessuno si accorge di nulla… e nel frattempo che la nave imbarca acqua andiamo vicino agli scogli, tanto per non affondare in acque profonde, così la gente si salva…questa è stata l’unica manovra decente di tutta quella nottata, ma non basta a cancellare il resto. La gente si sarebbe salvata davvero tutta, se lei avesse fatto le cose come dovrebbe fare una persona responsabile. Lei sa cosa significa quella parola, vero? Lei era responsabile della vita di oltre 4000 persone, ma ha deciso di  passare così vicino alla costa da poterla quasi toccare,  salutare gli abitanti a terra, accendere tutte le luci, fare il fischio di saluto, fare “l’inchino”. Beh, l’inchino Le è riuscito bene davvero, capitano, solo che la Sua nave non si è potuta più rialzare. Se questa è stata una Sua idea o se la compagnia l’ha autorizzata, questo lo vedremo. Ma la cosa ancora più grave (se non fosse già grave avere affondato una nave) è stato quello cha ha fatto dopo. Perché la Concordia ci ha messo quasi due ore per adagiarsi sul fianco come un animale morente. Se se in quelle quasi due ore di attesa Lei fosse rimasto, se Lei avesse dato il giusto peso al problema, se  avesse lanciato il Mayday al momento giusto, se non avesse mentito alla Guardia Costiera, se avesse coordinato e velocizzato le operazioni di abbandono nave prima che questa fosse così inclinata, tutti potevano salvarsi lo stesso.  Se avesse fatto sparare dei bengala per illuminare il buio, avrebbero visto quanto vicini erano gli scogli, che si poteva quasi raggiungerli a nuoto. Se invece di rimandare la gente in cabina in attesa di istruzioni l’ avesse fatta preparare, nessuno sarebbe rimasto là sotto.
No, no, meglio lasciare la nave e i passeggeri al loro destino, meglio coordinare le operazioni da una sicura scialuppa, meglio, molto meglio.

Per affrontare le conseguenze dei proprio errori  ci vogliono carattere, onestà verso gli altri ma anche verso se stessi, coraggio, ma soprattutto responsabilità e coscienza. Quello che tutti si sarebbero aspettati da Lei. Ma Lei ce l’ha, comandante? O anche quelle le sono “cadute” mentre Lei e i suoi ufficiali siete “scivolati” sulla scialuppa?

Ho sentito dire a volte che quando una persona è accusata da tutti, viene voglia quasi di difenderla. Beh, a me no di sicuro. Quando uno oltre che incosciente è anche vigliacco, quando oltre che colpevole è anche bugiardo, mi dispiace ma non lo assolvo. E nemmeno dovrebbe assolverLa  la giustizia, Capitano, dovrebbe farLa stare in galera anziché agli arresti domiciliari  casa Sua.
E soprattutto non dovrebbe assolverLa la Sua coscienza, se gliene è rimasta un po’.
A meno che anche quella non sia volata fuoribordo.

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Un bagno di umiltà

Avete presente quelle bellone, coscialunga,  minigonna e tacchi, che non si preoccupano di altro riguardo le loro auto se non di metterci dentro la benzina? Ho sempre pensato a loro come a poverette microcefale che pensano che il fatto di essere “bone” dia loro automaticamente la garanzia che qualcuno l’aiuterà in ogni occasione. Però devo ammettere mio malgrado che non hanno fatto male i loro calcoli.La riprova l’ho avuta quando avevo diciannove anni, non ero propriamete una silfide, non ero bionda, non ero bona, non avevo minigonna né tacchi a spillo. E nonostante la macchina fosse a posto, si ingolfò su un viale vicino alla mia casa di allora, sotto un temporale. La macchina in questione era di mio cognato, una Talbot Horizon 1100, senza servosterzo, con una carrozzeria pesante come un carro armato. Dovetti scendere, spingere la macchina avanti per circa 50 metri, oltrepassare un semaforo, rientrare in una strada laterale a marcia  spinta indietro per altri 30 metri fino ad un parcheggio a lisca di pesce. Il tutto sotto la pioggia, con altri automobilisti che sfrecciavano accanto a me imprecando per l’intralcio, e sotto l’occhio vigile di un signore affacciato alla finestra. Solo quando ho chiuso la portiera, zuppa come un pulcino, il signore mi fa: “Serve aiuto?” Siccome sono una personcina educata non gli ho vomitato addosso la sequenza di vaff… che mi si affollavano sulla lingua. Sicuramente una di quelle bellone avrebbe avuto più fortuna di me.
Da allora ho sempre pensato  che anche nella più terribile sciagura nessuno si sarebbe mai e poi mai sognato di aiutare una balena spiaggiata a riguadagnare il mare, e mi sono sempre darta da fare per sapermela cavare da me in ogni frangente. Peccando anche un po’ di presunzione, e forte  della mia laurea ad honorem (ma guadagnata sul campo) in , nell’ordine:  riparatrice radio tv, maestra, carrozziera e maccanico di motorini, infermiera, sarta, capo scout e chi più ne ha più ne metta, ho sempre e dico sempre avuto la certezza che mai nella vita avrei avuto bisogno dell’ aiuto di chicchessia.
Questo fino a circa due mesi fa, quando mi sono dovuta arrendere davanti a, udite udite, una ruota bucata…
Complice anche la mentalità contorta degli ingegneri automobilistici d’oltralpe, prima ho dovuto ingaggiare una lotta corpo a corpo con un arzigogolato cric, poi ho dovuto impiegare circa dieci minuti in una posizione poco consona ad una signora perbene come la sottoscritta, per riuscire a sganciare la ruota di scorta da sotto alla macchina. Dopo tutto questo annaspare, per fortuna – e contro ogni previsione – un buon samaritano di passaggio mi ha gentilmente indirizzato al suo garage lì vicino e con un cric ammodo mi ha cambiato lui la ruota in cinque minuscoli minuti.

Ed è stato  così che l’autostima della sottoscrita ha subìto un colpo durissimo. Ma questa disavventura, oltre ad essere stata un bagno d’umiltà, mi ha fatto anche riacquistare la fiducia nel genere umano (maschile, soprattutto 😉 )!